L’integrazione di risposte basate su Intelligenza Artificiale (AI Overview) nei motori di ricerca sta rivoluzionando l’esperienza utente e il panorama della SEO. Google, con la sua Search Generative Experience (SGE), e Bing (tramite ChatGPT integrato) offrono oggi riassunti conversazionali in cima alla SERP, spesso completi di immagini e fonti citate, che forniscono immediatamente le informazioni richieste (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive) (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews). In pratica, il motore di ricerca si comporta sempre più come un assistente digitale che elabora contenuti provenienti dal web e li riconfeziona per l’utente. Questo report analizza in profondità come tali innovazioni stiano cambiando il comportamento degli utenti e la fruizione dei contenuti online, e quali siano le principali conseguenze per la SEO – in generale e con focus su e-commerce, editoria e blog. Verranno presentate tendenze recenti, esempi concreti e strategie di adattamento utili ai professionisti del content marketing e del posizionamento organico, valutando anche benefici e criticità per gli utenti finali.

(AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews) Esempio di “AI Overview” generato da Google per la query “what does trail running mean” (in inglese). L’AI fornisce una definizione e consigli in un box ben visibile sopra i risultati organici, includendo riferimenti alle fonti originali. Questo genere di risposta generativa occupa uno spazio significativo della pagina dei risultati (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews) (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews).

Ai overview: cambiamenti nel comportamento degli utenti

Le AI Overview stanno modificando radicalmente il modo in cui gli utenti interagiscono con i motori di ricerca e consumano contenuti. In passato, una ricerca tipica portava a una lista di link (i “10 blu links”), richiedendo all’utente di scansionare titoli e descrizioni e cliccare su più risultati per trovare la risposta. Ora, invece, l’utente riceve subito una risposta diretta e completa sotto forma di paragrafo generato dall’AI o elenco di consigli. Questo porta a:

  • Ricerca più conversazionale e immediata: l’AI interpreta le query in linguaggio naturale e fornisce risposte contestuali e personalizzate. Ad esempio, cercando “come cucinare una torta senza uova”, il sistema AI può comprendere l’intento (sostituire le uova) e restituire immediatamente ingredienti alternativi e istruzioni passo-passo, invece di far scorrere l’utente tra vari link (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Il motore diventa dialogico, capace di far seguire domande di approfondimento (follow-up) senza che l’utente ripeta il contesto. Ciò rende l’esperienza più fluida e “umana”.
  • Fenomeno dello zero-click: poiché la risposta viene fornita direttamente in SERP, spesso non è più necessario cliccare alcun risultato. L’utente medio ottiene ciò che gli serve dall’overview AI e passa oltre (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Studi iniziali avevano previsto cali di traffico significativi verso i siti (20–60% in meno) a causa di queste risposte istantanee (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Di fatto, stiamo assistendo all’avverarsi di questo scenario “clickless”: Google AI Mode/Overview fornisce risposte pronte all’uso, e gli utenti cliccano sempre meno sui siti web (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot). Un recente sondaggio indica che il 62% delle persone utilizza già chatbot AI (come ChatGPT o Google Gemini) per ricerche su prodotti/servizi, segnando un netto spostamento verso queste nuove modalità (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Inoltre, dato che gli snippet AI occupano gran parte dello schermo (anche metà pagina su desktop), gli utenti sono meno propensi a fare scroll oltre il box generativo per vedere i link organici tradizionali (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews) (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews). In sintesi, l’utente tende a soffermarsi sul risultato AI e a ridurre l’esplorazione manuale dei contenuti web.
  • Nuovi percorsi di scoperta e consumo: la ricerca potenziata dall’AI non si limita al testo. Cresce l’uso di comandi vocali e query visive (es. Google Lens) la cui risposta viene gestita dall’AI in modo naturale (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Allo stesso tempo, le piattaforme stanno unendo ricerca e azione: per esempio, funzionalità di shopping integrate permettono all’utente di passare dalla scoperta all’acquisto immediato all’interno della risposta AI. Bing e Google iniziano a mostrare prodotti con pulsanti “compra” direttamente nella chat di ricerca; Perplexity AI ha introdotto schede prodotto acquistabili istantaneamente nella risposta generativa (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Questo abbatte il confine tra cercare informazioni e fruire di un servizio: l’utente può informarsi e concludere un’azione (acquisto, prenotazione, etc.) senza mai uscire dal motore di ricerca. I contenuti vengono quindi consumati “in loco” sul search engine, spesso in forma di snippet riassuntivi, liste puntate, consigli o comparazioni fornite dall’AI. In definitiva l’utente ottiene risposte più rapide e su misura, ma trascorre meno tempo a navigare tra siti esterni.

Conseguenze generali per la SEO con la ai overview

Per i professionisti SEO, l’ascesa delle AI Overview comporta un cambiamento di paradigma. Le metriche e le strategie tradizionali devono adattarsi a un contesto in cui la visibilità organica non si misura più solo in posizioni nei risultati, ma anche in termini di presenza nelle risposte AI. Ecco le principali conseguenze generali:

  • CalO dei click e del traffico organico: con meno utenti che cliccano sui risultati, molti siti registrano cali di traffico dal search. Il pane quotidiano del web – i click che portano visitatori sui siti – viene in parte a mancare (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot). Una ricerca del 2025 stima addirittura che i motori di ricerca basati su IA (come chatbot e risposte generative) portino il 96% di traffico in meno ai publisher rispetto a Google Search tradizionale (I motori di ricerca basati sull’IA portano agli editori il 96% in meno di traffico rispetto a Google). Google stessa, durante i test SGE, ha rilevato una diminuzione generale dei click-out, tanto da ridurre temporaneamente la frequenza di apparizione delle overview AI (passate dall’84% delle query a fine 2023 a circa il 7% nell’estate 2024) per calibrare l’esperienza (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews). In prospettiva però, con il perfezionarsi del sistema, è plausibile un nuovo aumento di queste risposte dirette. I pochi dati positivi per i SEO mostrano che le AI Overview possono generare click verso più fonti per utente curioso: ad esempio il CTR aggregato delle fonti citate in un box AI di Google è stato misurato intorno al 12,5% (contro ~10% degli snippet tradizionali) (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive), segno che alcuni utenti, insoddisfatti o desiderosi di approfondire, aprono comunque i link suggeriti dall’AI. Tuttavia, resta il fatto che la maggioranza delle esigenze informative si esaurisce sulla SERP stessa, riducendo di molto il traffico distribuito ai siti web. Ciò impatta pesantemente modelli di business basati sull’advertising e l’acquisizione organica di clienti.
  • Dalla SEO alla AEO (“Answer Engine Optimization”): l’obiettivo classico della SEO era comparire in prima pagina per determinate keyword. Ora l’obiettivo si sposta sul diventare la risposta preferita dell’AI. Nasce dunque la disciplina dell’AEO – Answer Engine Optimization, ossia l’ottimizzazione dei contenuti affinché vengano scelti e utilizzati dagli assistenti AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). In pratica occorre strutturare i contenuti per fornire risposte dirette ed esaurienti: pagine organizzate con heading chiari, FAQ, tabelle riassuntive, liste puntate, markup semantico (schema FAQ, HowTo, ecc.) – tutti elementi che facilitano l’estrazione di un answer preciso (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive) (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Conta meno la keyword secca ripetuta e più la pertinenza semantica e contestuale: bisogna pensare in termini di domande complete che l’utente potrebbe porre (“quali scarpe da running per chi ha piedi piatti?”) e includerle testualmente nei contenuti, con relativa risposta concisa (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Si passa, in sostanza, da un approccio orientato a posizionarsi su una SERP di link, a un approccio orientato a fornire la miglior risposta possibile in un contesto conversazionale. Questo richiede contenuti di qualità, accurati e autorevoli – l’AI infatti attinge a vaste fonti e tende a privilegiare informazioni corrette e fonti con E-E-A-T (Experience, Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness) elevati (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Errori o imprecisioni riducono la chance che il tuo sito venga usato come fonte. Parallelamente, aspetti tecnici come l’accessibilità del sito per i crawler AI (es. consentire nei files robots.txt l’accesso a OpenAI GPTBot e simili) diventano fondamentali per non essere esclusi dal nuovo indice (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive).
  • Minor focus sulle SERP tradizionali, maggior peso al brand e al contesto: se in passato ottenere il primo posto organico garantiva gran parte dei click, oggi potresti essere primo ma comunque ”oscurato” dal box AI posizionato sopra di te. Inoltre, le AI Overview spesso mostrano solo 3-5 fonti per risposta (Google SGE Organic Traffic Impact Divided By Verticals [Data Study]); se non sei tra queste, la tua visibilità è praticamente zero, anche se magari saresti in top 10 organica. Ciò aumenta la competizione per rientrare nel ridotto gruppo di fonti citate. Allo stesso tempo, quando una risposta AI cita una fonte, il nome del dominio/brand diventa ben visibile all’utente (più di un semplice link blu): questo significa che un brand autorevole ha più probabilità di attrarre click rispetto a uno sconosciuto, perché l’utente potrebbe cliccare solo se riconosce o si fida della fonte indicata (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Di conseguenza, lavorare sulla brand authority e reputation è parte integrante della nuova SEO: i contenuti devono costruire fiducia e riconoscibilità. Un beneficio implicito è che, anche senza click, una menzione visibile del tuo marchio in una risposta AI può avere valore (come esposizione, branding, o spinta all’utente a cercarti direttamente in futuro). Questo però apre anche una discussione su come misurare i risultati SEO: si parla di nuovi KPI come visibilità nelle AI, traffico “indiretto” e conversioni post-visione. Ad esempio, se un AI consiglia un certo sito come fonte autorevole, l’utente potrebbe successivamente digitare direttamente quel brand, generando traffico “brandizzato” non immediatamente attribuibile alla ricerca AI. I SEO devono quindi espandere le metriche di successo oltre il semplice click, includendo monitoraggi di menzioni, aumenti di ricerche del brand e altri indicatori qualitativi di presenza online.
  • Rischi di disintermediazione e risposta proprietaria: un aspetto critico è che in alcuni casi l’AI può fornire risposte senza citare alcuna fonte esterna (basandosi su dati interni o conoscenza generale appresa). Uno studio ha rilevato che circa il 5% delle query in Google SGE restituiva un’AI Overview priva di link di attribuzione, specie su temi dove Google attinge al proprio Knowledge Graph (Google SGE Organic Traffic Impact Divided By Verticals [Data Study]). Questo ovviamente allarma molto gli editori: significa essere completamente tagliati fuori dal ciclo di fruizione. Mike Futia, esperto di digital marketing, ha pubblicamente chiesto a Google come intendano placare le preoccupazioni degli editori sul fatto che l’AI “stia prelevando senza permesso i loro contenuti rimuovendo l’incentivo per gli utenti a cliccare sui siti” (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot). In altre parole, c’è il timore di una ”razzia” di contenuti operata dagli algoritmi AI (scraping) che usano materiale altrui per rispondere agli utenti, senza generare alcun traffico di ritorno o compenso ai creatori originali (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot). Questo scenario, se spinto all’estremo, mette in discussione la sostenibilità dell’ecosistema online basato sui contenuti gratuiti: se i publisher non ricevono più visite (e dunque introiti pubblicitari) per via delle risposte immediate dell’AI, come potranno finanziare la creazione di nuovi contenuti di qualità? Si tratta di un equilibrio delicato, e infatti le tensioni non mancano – come vedremo più avanti, alcuni attori stanno già reagendo legalmente o con accordi commerciali per fronteggiare questa situazione.

 

Di seguito, una tabella riepiloga alcune differenze chiave tra la ricerca tradizionale e la ricerca con AI overview, evidenziando come sono cambiati elementi fondamentali della SEO:

AspettoSEO tradizionale (pre-AI)SEO con AI Overview (oggi)
Modalità di ricercaQuery spesso brevi, keyword mirate. L’utente formula domande semplici o composte di parole chiave.Query conversazionali in linguaggio naturale, spesso domande complete. L’utente si aspetta risposte dirette e dialoga con il motore di ricerca.
Presentazione risultatiLista di link (SERP) ordinati per rilevanza, snippet testuali brevi. L’utente deve cliccare per ottenere dettagli.Risposta generativa in cima alla SERP che sintetizza informazioni da varie fonti. Include testo riassuntivo (talvolta punti elenco, immagini) e pochi link citati.
Interazione dell’utenteL’utente scorre la pagina, confronta titoli/descriptions, clicca su uno o più risultati, navigando poi sui siti esterni per approfondire.L’utente spesso ottiene la risposta senza uscire dalla SERP. Può formulare sotto-domande all’AI oppure accettare l’overview fornita. I click sui siti sono molto ridotti (scenario zero-click).
Distribuzione del trafficoLa maggior parte del traffico organico viene distribuita tra i risultati in prima pagina (specialmente i primi 3-5). Ogni sito ottiene visite proporzionali al suo ranking.Traffico concentrato su pochissime fonti: solo i siti citati nell’AI Overview hanno chance di ricevere clic (e comunque in percentuale minore). I siti non inclusi nell’overview ottengono visibilità e visite drasticamente inferiori anche se ben posizionati organicamente più in basso.
Strategie SEOOttimizzazione on-page per parole chiave, meta tag efficaci, backlink di qualità, intento di ricerca soddisfatto nel contenuto. Focus su ottenere featured snippet e risultare autorevole per Google.Ottimizzazione per risposte: contenuti strutturati in modo da fornire risposte concise e corrette (FAQ, definizioni, how-to step). Conversational SEO – usare il linguaggio dell’utente, long-tail question keywords. Importanza di dati strutturati (schema) per aiutare l’AI a estrarre info. Necessario garantire accessibilità ai crawler AI e aggiornare frequentemente i contenuti per essere presenti negli indici AI.
Ruolo del brand/autorevolezzaRilevante ma secondario: un utente clicca anche fonti sconosciute se il snippet sembra pertinente. L’autorità del dominio aiuta nel ranking, ma il brand è “nascosto” dietro il link finché l’utente non visita il sito.Cruciale: il nome della fonte appare direttamente nella risposta. Un brand forte è più cliccato dall’overview e più probabilmente scelto dall’AI. L’E-E-A-T diventa discriminante per essere inclusi nelle risposte AI. Partnership o contenuti esclusivi possono favorire la presenza nelle overview.
Metriche di successoPosizionamento (ranking) sulle SERP, CTR dai risultati organici, traffico organico mensile, conversioni attribuite al traffico SEO.Presenza nelle AI Overview (difficile da misurare ma monitorabile via test), numero di citazioni come fonte, share of voice nelle risposte AI. Importanti le ricerche di marca e il traffico diretto derivante dall’esposizione del brand nelle risposte (oltre ai click diretti sulle fonti citate). Si valutano anche accordi di condivisione entrate o altri modelli compensativi come metriche di valore.

Impatti specifici per settori chiave

E-commerce e ricerche di prodotto

Per il settore e-commerce, le AI Overview rappresentano una lama a doppio taglio. Da un lato, possono migliorare l’esperienza utente fornendo consigli di acquisto immediati, comparazioni di prodotti e anche pulsanti per comprare subito. Dall’altro, rischiano di interporre un filtro ulteriore tra i siti di vendita e i potenziali clienti. Ecco le dinamiche in atto:

  • Acquisti direttamente dal motore di ricerca: come accennato, stanno emergendo funzioni di shopping assistito nelle AI Overview. Un utente che chieda “qual è la migliore fotocamera DSLR sotto i 500€?” potrebbe vedersi restituire una risposta AI con 3-5 modelli consigliati, ognuno con breve descrizione, immagine, valutazione e un pulsante “Compra ora”. Ad esempio, Perplexity AI già oggi mostra schede prodotto con pulsante “Buy” integrato nella risposta (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Google sta sperimentando l’integrazione di informazioni di Google Shopping direttamente nelle sue risposte generative, mentre Bing Chat spesso include link affiliati per acquistare prodotti menzionati. Il risultato? L’utente può decidere l’acquisto senza visitare i siti e-commerce tradizionali o i comparatori di prezzo, riducendo il ruolo di questi intermediari. Per i siti e-commerce significa meno traffico organico in ingresso, specialmente su query generiche o di scoperta (informative/commerciali).
  • Necessità di inserirsi nelle risposte AI: i retailer devono assicurarsi che i propri prodotti e contenuti siano considerati dall’AI. Come? Prima di tutto fornendo dati strutturati di qualità. Schede prodotto ben ottimizzate (titolo, descrizione completa, specifiche tecniche in formato schema.org), recensioni utenti e FAQ sul prodotto aiutano l’AI a attingere informazioni affidabili. Inoltre, emergono opportunità di partnership: ad esempio, Perplexity ha lanciato un Merchant Program che permette ai commercianti di inserire gratuitamente il proprio catalogo prodotti nel database AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Allo stesso modo, un e-commerce dovrebbe assicurarsi che i propri feed siano ben integrati con Google (Google Merchant Center, schema Product, etc.), perché la generative AI di Big G potrebbe pescare da lì dati come prezzi, disponibilità e link al sito del venditore (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Essere presenti nei “consigli AI” diventerà fondamentale un po’ come essere presenti su Google Shopping o in un comparatore: se il tuo prodotto non è tra quelli menzionati dall’intelligenza artificiale, potresti essere invisibile per una fascia crescente di utenti. In più, alcune aziende stanno valutando di licenziare i propri contenuti di recensione/comparazione a motori AI, per esempio fornendo via API i dati di test e recensioni di prodotti in cambio di visibilità (o revenue share) quando l’AI li utilizza.
  • Meno confronto tradizionale, più fiducia “cieca”: dal lato dell’utente, usare l’AI per scegliere un prodotto significa spesso fidarsi del consiglio sintetico invece di confrontare manualmente più siti. Se l’AI dice che i migliori smartphone per fotocamera sono X, Y, Z (citando magari come fonti alcuni siti specializzati), l’utente medio potrebbe saltare la lettura degli articoli dettagliati e procedere direttamente all’acquisto di uno dei modelli suggeriti. Questo rende ancora più importante per i brand avere ottime recensioni e presenza online: l’AI infatti potrebbe citare ad esempio “Migliori-smarphone.com” come fonte per quei modelli, e l’utente – senza leggere tutto – darà per buono il consiglio. La fiducia si sposta dal sito (che l’utente avrebbe letto) al motore di ricerca AI. Per i siti di comparazione o recensione indipendenti potrebbe essere una sfida, perché perdono traffico; allo stesso tempo i loro contenuti rimangono cruciali come input per l’AI. È possibile quindi che alcuni di questi attori cercheranno accordi commerciali per venir compensati (ad esempio con modelli affiliati diretti con i motori di ricerca). Microsoft, ad esempio, ha dichiarato che condividerà i ricavi pubblicitari di Bing Chat con i partner “le cui content ha contribuito alla risposta” (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive), suggerendo un modello in cui un e-commerce o un sito di recensioni potrebbe ottenere una quota se il suo contenuto è usato dall’AI per vendere un prodotto.
  • Strategie proattive dei retailer: lungimiranti brand e piattaforme e-commerce stanno reagendo in vari modi. Alcuni sviluppano chatbot AI proprietari sui propri siti e app (per offrire un’esperienza conversazionale diretta ai clienti e non lasciarli su Google/Bing). Ad esempio, nel 2024 molte catene retail hanno lanciato assistenti virtuali che guidano l’utente nella scelta dei prodotti all’interno del sito stesso (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Questo arricchisce l’esperienza utente dopo il click, cercando di trattenere e convertire chi arriva. Altri investono in programmi di affiliazione con i motori AI, fornendo dati e accettando margini su vendite in cambio di volume. In generale, l’e-commerce dovrà integrare la AI strategy nella SEO/SEM strategy: dall’ottimizzare le schede per l’AI, al considerare budget per posizionamenti sponsorizzati nelle risposte AI (quando ciò diventerà disponibile e diffuso). Un esempio recente è la fase di test degli “SGE ads” – annunci pubblicitari integrati nelle risposte generative di Google – che qualche azienda sta già sperimentando, in modo da comparire tra le risposte suggerite dall’AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive).

Editoria e media online

Per il settore editoriale (testate giornalistiche, magazine, portali di informazione) le AI Overview rappresentano forse la sfida più grande. Questi siti tradizionalmente dipendono molto dal traffico organico per diffondere contenuti e monetizzare via pubblicità. I cambiamenti in atto includono:

  • Calodrammatico del traffico verso le news: come evidenziato, gli utenti ottengono spesso notizie e informazioni direttamente da Google/Bing senza cliccare sugli articoli. Se un utente chiede “Chi ha vinto la partita di ieri?” o “Ultime sulla crisi di governo”, l’AI potrebbe fornire un paragrafo aggiornato citando un paio di testate, ma senza che l’utente apra effettivamente l’articolo. Questo si traduce in un calo impressionante di visite. Alcuni editori hanno riportato diminuzioni a doppia cifra del traffico organico in corrispondenza dei test delle generative AI. Secondo uno studio (Tollbit, 2025), i motori di ricerca AI generano fino al 96% di traffico in meno verso i siti di news rispetto alla ricerca classica (I motori di ricerca basati sull’IA portano agli editori il 96% in meno di traffico rispetto a Google). Questo dato estremo sottolinea la dipendenza attuale dei chatbot AI da risposte autonome e quanto poco “girino” traffico. La preoccupazione è tale che alcune realtà stanno valutando contromisure drastiche: ad esempio, bloccare via robots.txt i crawler AI dal leggere i propri contenuti (sacrificando la possibilità di essere citati, pur di non far “saccheggiare” gli articoli senza ritorno). Finora però poche testate hanno realmente bloccato gli accessi, temendo di essere tagliate fuori del tutto.
  • Accordi di licenza e azioni legali: parallelamente, i grandi publisher si stanno muovendo per ottenere compensazioni economiche. Nel 2023-2024 alcune grosse agenzie/media (Associated Press, News Corp, Axel Springer, etc.) hanno stretto accordi con aziende AI: ad esempio OpenAI ha acquistato la licenza di parte dell’archivio AP e siglato accordi pluriennali con gruppi come News Corp e Financial Times per poter usare i loro articoli nei propri modelli (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). In cambio, gli editori ricevono remunerazione e (in teoria) citazioni nelle risposte AI generate. Sul fronte dei motori di ricerca, Google e Microsoft stanno vagliando modelli di revenue sharing: come citato, Microsoft intende condividere gli utili pubblicitari di Bing Chat con i publisher coinvolti (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive), e Google potrebbe seguire percorsi simili (ad esempio mostrando più chiaramente la fonte, o favorendo chi aderisce a certi programmi). Dove non si arriva a un’intesa, cominciano le cause legali: emblematico il caso di Chegg, piattaforma educativa USA, che a inizio 2025 ha fatto causa a Google accusandola di danneggiare il suo business con le anteprime AI che forniscono soluzioni e risposte degli esercizi senza far più accedere al loro sito (AI Overview ruba traffico e lavoro agli editori: Google denunciata – Pixel Computer Bollate). Questo dibattito richiama quello avuto anni fa con Google News e gli snippet: gli editori rivendicano la proprietà dei contenuti e chiedono che l’AI non possa usarli liberamente senza accordo. La situazione è in evoluzione e probabilmente vedrà la definizione di nuove normative sul copyright dei contenuti AI nei prossimi anni, oltre a ulteriori intese tra big tech e media (sull’onda di quelle già viste per Google News Showcase in alcuni paesi).
  • Adattamento dei modelli di business: di fronte a questo scenario, gli editori devono ripensare come distribuire e monetizzare i contenuti. Una strategia è puntare di più sulla fidelizzazione diretta: se il traffico organico cala, diventa cruciale avere utenti fedeli che arrivano da canali diretti (newsletter, notifiche app, social, ecc.). Molti stanno spingendo sulle app proprietarie e paywall/paywall freemium, in modo che l’utente interessato al dettaglio oltre la brevissima risposta AI debba “entrare in casa loro” per avere il contenuto completo. Inoltre, cresce l’interesse per l’indicizzazione alternativa: alcuni editori valutano di dare in esclusiva i propri contenuti a determinate piattaforme AI in cambio di visibilità/pagamento, magari escludendoli da Google. Ad esempio, se un motore AI emergente offrisse revenue per mostrare contenuti con link, un editore potrebbe preferirlo a Google se quest’ultimo non porta più traffico. Si aprono anche opportunità innovative: qualche testata sta sviluppando la propria AI chatbot addestrata sui contenuti interni, offrendo all’utente la possibilità di fare domande e ricevere risposte basate esclusivamente sugli articoli della testata (una sorta di motore di ricerca dedicato al proprio archivio). Questo potrebbe trasformarsi in servizio premium per gli abbonati, e intanto mette a frutto l’AI per tenere l’utente sul sito dell’editore invece che su Google. Infine, dal punto di vista SEO, l’editoria deve insistere sulla qualità e unicità: approfondimenti, inchieste originali, analisi esclusive – contenuti che l’AI non può fabbricare se non citando loro. Paradossalmente, investire nel giornalismo di qualità diventa la mossa per distinguersi nel feed dell’AI, guadagnando quella citazione come fonte primaria. Chi invece offre contenuti commodity (es. news di agenzia semplici) rischia di essere completamente sostituito dal riassunto AI senza che l’utente senta il bisogno di leggere l’articolo.
  • Esperienza utente: pro e contro: dal lato del lettore, l’AI generativa offre vantaggi come risposte immediate e multi-sorgente – ad esempio una panoramica di diverse testate in un colpo solo. Questo può aiutare a farsi un’idea rapida senza leggere 5 articoli. Tuttavia c’è il rischio di perdere approfondimento e pluralità: l’utente vede un sunto che appiattisce potenzialmente punti di vista differenti. Inoltre la fiducia nelle informazioni potrebbe venire messa in discussione: se l’AI non mostra la fonte chiaramente, l’utente potrebbe chiedersi quanto sia verificata la notizia (problema delle allucinazioni AI o errori). Finora Google e Bing mitigano citando fonti note, ma è un equilibrio delicato. Anche per questo, alcuni esperti suggeriscono che il ruolo delle testate potrebbe evolvere da fornitrici di notizie a certificatori di affidabilità: la presenza del nome di una testata prestigiosa tra le fonti dell’AI diventa un marchio di qualità che rassicura l’utente sulla veridicità della risposta. In pratica, il valore potrebbe spostarsi dall’articolo completo al brand giornalistico che garantisce l’accuratezza del byte informativo fornito dall’AI.

Blog e content creator

Il mondo dei blog (aziendali e personali) e dei content creator indipendenti vive anch’esso cambiamenti importanti, sebbene con qualche sfumatura diversa rispetto ai grandi editori. I blog tradizionalmente prosperavano grazie a Google: posizionarsi con un tutorial, una guida o un articolo “how to” portava traffico organico costante. Ora questo modello è messo in discussione:

  • Diminuzione del traffico per contenuti informativi di base: tutorial, ricette, consigli generici – il pane quotidiano di molti blog – sono esattamente i tipi di query per cui le AI Overview eccellono. Come nell’esempio riportato in precedenza, se un utente cerca “migliori ricette per il polpettone”, Google può fornire subito ingredienti e varianti senza che l’utente apra i 3-4 blog di cucina che tradizionalmente avrebbero offerto ciascuno la propria ricetta (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot). Ciò significa un calo potenziale enorme di visite per quei blogger. Molti piccoli creator stanno già segnalando cali di traffico nelle nicchie dove SGE è attivo. Questo può essere scoraggiante, specie per chi monetizza con pubblicità o affiliate marketing (meno visitatori = meno revenue).
  • Focus su nicchie e approfondimenti unici: per reagire, i blogger devono differenziare l’offerta. Se l’AI fornisce la risposta generica, il blog deve offrire quel qualcosa in più che spinga chi è davvero interessato a leggere l’articolo completo. Può trattarsi di un approccio personale (es: racconto l’aneddoto su come ho imparato quella ricetta da mia nonna – dettaglio umano che l’AI non può inventare credibilmente), oppure di informazioni iper-specifiche non comuni online (dati originali, esperimenti, prove sul campo). In sostanza, conviene spostarsi verso contenuti più approfonditi o specialistici, che non vengano interamente coperti da una risposta generativa standard. Ad esempio, un conto è la query “come fare backup iPhone” (la cui procedura l’AI la dà facilmente), altro conto un articolo “La mia esperienza dopo 1 mese con iOS 17: 5 trucchi avanzati” – quest’ultimo, ricco di opinioni ed esperienza diretta, ha ancora appeal e probabilmente l’AI ne estrarrà al massimo un concetto, non tutto. Non a caso, Google insiste che i contenuti con esperienza diretta dell’autore (il primo E di E-E-A-T) continueranno ad avere valore e visibilità anche nell’era AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive).
  • “Voce” del blogger e comunità: molti blog di successo hanno costruito nel tempo una fiducia con la propria audience. Questo elemento diventa ancor più importante: se gli utenti trovano magari la risposta breve tramite AI, potrebbero però decidere di approfondire su un blog che conoscono e apprezzano. La loyalty del lettore verso il creatore può spingerlo a cercare direttamente quel blog (bypassando Google) o a cliccare sul suo link se lo vede citato. In quest’ottica, curare la newsletter, il canale YouTube, i social – insomma avere una community – è un’ottima strategia difensiva: rende meno vitale il traffico da ricerca. Alcuni blogger stanno diversificando le fonti di traffico proprio per questo, trattando Google come un bonus e non l’unico rubinetto. Inoltre, c’è chi trasforma i propri articoli in formati diversi (podcast, video brevi) per raggiungere il pubblico in modalità alternative dove l’AI generativa ancora non arriva direttamente.
  • Sfruttare l’AI come alleato: un aspetto meno intuitivo è che gli stessi blogger possono usare l’AI a proprio vantaggio. Ad esempio, strumenti come ChatGPT possono aiutare a identificare domande frequenti su un tema, che poi il blogger può inserire nel proprio articolo (magari in una sezione FAQ) aumentando le probabilità di essere incluso nelle risposte AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Possono anche velocizzare la produzione di contenuti (bozze, ricerche di base) liberando tempo per la creatività e l’approfondimento umano. Chiaramente i contenuti generati vanno usati con cautela e sempre rivisti dall’uomo per evitare errori e mantenere uno stile autentico. Ma ignorare totalmente l’AI sarebbe uno sbaglio: i blogger dovrebbero quantomeno studiare come le AI rispondono sulle proprie topic, per capire come differenziarsi. Alcuni stanno già facendo esperimenti di ottimizzazione “GEO” (Generative Engine Optimization), cioè modificare i propri post affinché l’AI li preferisca come fonte (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Ad esempio, includendo sommari esecutivi all’inizio del post o creando mini-paragrafi auto-contenuti che l’AI possa estrarre facilmente. È un terreno nuovo, ma chi si muove per primo potrebbe mantenere un vantaggio.
  • I blog moriranno? La domanda aleggia nell’aria – ma molti esperti rispondono negativamente. Storicamente, si è spesso predetta la “fine dei blog” (all’avvento dei social, per esempio) e puntualmente i blog sono evoluti e sopravvissuti. Anche stavolta, probabilmente vedremo un adattamento. La componente umana e di fiducia rimane fondamentale: “l’IA non è ancora in grado di replicare l’esperienza e la competenza umana” – nessuna macchina potrà sostituire del tutto un esperto appassionato nel suo campo (Come fare SEO con l’AI: 10 applicazioni avanzate per il 2025 | Brainpull). I blog che sapranno enfatizzare questo fattore (esperienza, opinione, nicchia, comunità) non solo continueranno ad esistere, ma potranno trovare nuovi lettori anche tramite l’AI. C’è chi ipotizza persino che i motori AI possano diventare ulteriore fonte di traffico: ad esempio, se un utente chiede un consiglio su ChatGPT e riceve un nome di un blog o un creator, potrebbe poi visitarlo per approfondire – un po’ come i social network sono diventati in passato fonti di traffico alternative ai motori (I blog moriranno per colpa dell’IA?). In sintesi, per i blogger la chiave è restare autentici e vicini al proprio pubblico, sfruttando al contempo gli strumenti AI per potenziare (e non rimpiazzare) il proprio lavoro.

Considerazioni strategiche per il content marketing e la SEO

Alla luce di questo scenario in evoluzione, chi si occupa di content marketing e posizionamento organico deve aggiornare le proprie strategie. Ecco alcune azioni e approcci strategici da considerare:

  • Studiare il comportamento dell’AI sulle proprie keyword: eseguire query test con gli assistenti AI (SGE di Google, Bing Chat, Perplexity, ecc.) relative al proprio settore, per vedere cosa rispondono e quali fonti citano. Questo aiuta a identificare lacune (topic dove l’AI non trova buone fonti – opportunità per crearle) o competitor emergenti (se l’AI cita sempre un certo sito, va analizzata la sua struttura contenuti). Monitorare regolarmente come l’AI si comporta sulle query chiave può guidare l’ideazione dei contenuti futuri.
  • Ottimizzare contenuti in formato Q&A e snippet: come già evidenziato, è utile incorporare nei testi sezioni tipo FAQ, definizioni iniziali chiare, step numerati per procedure, tabelle comparative per dati – tutti elementi che potrebbero essere direttamente inclusi nelle risposte AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Ad esempio, se si gestisce un e-commerce di elettronica, creare una tabella comparativa tra modelli (con evidenziate differenze chiave) non solo serve all’utente sul sito, ma potrebbe apparire in un’overview AI che risponde a “X vs Y: which is better?”. Strutturare i contenuti in modo modulare e riassuntivo aiuta sia la SEO classica (Google apprezza i contenuti ben organizzati) sia la AI SEO (facilita l’estrazione delle info).
  • Long-tail e intento conversazionale: aggiornare la ricerca di parole chiave includendo le domande complete che le persone potrebbero fare. Strumenti di People Also Ask e auto-complete, uniti magari a insight da chatbot, possono fornire queste frasi. Ad esempio, invece di puntare solo a “caldaia a condensazione vantaggi”, considerare anche “Quali sono i vantaggi di una caldaia a condensazione?”. Poi, all’interno del contenuto, rispondere a queste domande con paragrafi dedicati. In questo modo si intercettano query conversazionali e si aumenta la probabilità di essere agganciati dall’AI quando formulano domande simili (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive).
  • Permettere l’accesso ai crawler AI e monitorare: assicurarsi che nel file robots.txt del sito non ci siano blocchi per gli user-agent degli AI (es. Google-Extended per i dati SGE di Google, bingbot per Bing Chat, GPTBot/OpenAI se si vuole essere presenti nei dataset di ChatGPT con browsing). Alcuni di questi hanno opt-out particolari se non si vuole che usino i contenuti, ma in generale per comparire nelle risposte bisogna lasciarli indicizzare (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). È utile anche monitorare i log server per vedere quante richieste arrivano da questi bot e verso quali contenuti, segnale indiretto di interesse.
  • Enfatizzare autorevolezza e fonti: in ogni contenuto, rendere ben chiaro chi fornisce l’informazione e perché è affidabile. Ad esempio, attribuire dichiarazioni a persone esperte, citare studi e fonti esterne autorevoli a supporto (paradossalmente, citare fonti esterne potrebbe sembrare di mandare via l’utente, ma fa sì che il tuo contenuto risulti più attendibile all’AI che lo legge (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive)). Curare le pagine “Chi siamo”, i profili autore con credenziali, e ottenere backlink da siti di qualità rimane importante: gli algoritmi AI, sulla scia di Google, probabilmente considerano segnali di trust simili. In pratica, continuare a sposare la filosofia E-E-A-T: mostrare esperienza (esempi pratici, case study), competenza (dati corretti, no errori grossolani), autorevolezza (citazioni e backlink) e affidabilità. Questo paga sia in SEO tradizionale che nelle generative AI.
  • Sfruttare Knowledge Graph e markup: è probabile che Google attinga in parte dal suo Knowledge Graph per rispondere a certe query fattuali (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews). Conviene quindi ottimizzare la presenza delle proprie entità (brand, prodotti, persone chiave) in quel grafo: ad esempio, curando la scheda Google Business, Wikipedia, Wikidata, e usando dati strutturati (schema.org) appropriati sul sito in modo che Google recepisca le informazioni chiave in formato “machine readable” (AI Search in 2025: SEO / GEO for LLMs and AI Overviews). Questo può aiutare l’AI a non travisare i dati sulla tua azienda/prodotto e a citarli correttamente. Analogamente, markup come FAQPage, HowTo, ecc. non solo abbelliscono i risultati organici ma possono fornire all’AI contesti strutturati pronti all’uso.
  • Monitorare nuovi KPI e segnali di performance: dato che il traffico organico tradizionale potrebbe stagnare o calare in alcuni ambiti, è importante trovare altri modi di misurare il ROI del contenuto. Ad esempio, monitorare l’aumento di ricerche brandizzate (segno che gli utenti hanno visto il brand in un AI snippet e poi lo cercano di proposito), oppure l’andamento di parametri come il scroll depth sui contenuti (se chi arriva legge più in profondità significa che è realmente interessato, forse perché l’AI ha indirizzato un pubblico più qualificato). Strumenti nuovi potrebbero emergere per tracciare la presenza nelle AI Overview; nel frattempo, si può effettuare manualmente una serie di query representative e notare con che frequenza il proprio sito compare come fonte citata. Altro KPI “soft” è l’interazione: se il tuo contenuto è citato in un’overview AI, potresti ricevere menzioni sui social o commenti del tipo “ho visto su Google che…”. Raccogliere questi feedback aiuta a capire l’impatto invisibile. In ultimo, prepararsi ad adeguare le metriche di reporting per il business: spiegare al cliente/capo che magari meno traffico non significa meno valore se il brand compare comunque e l’awareness cresce. Sarà fondamentale educare i stakeholder su questa nuova interpretazione dei risultati organici.
  • Essere agili e sperimentare: la SEO nell’era AI è in piena evoluzione. Nuove feature possono comparire e scomparire (Google ad esempio aggiusta continuamente SGE). Bisogna mantenere un approccio agile, pronti a testare cambiamenti nei contenuti e vedere l’effetto. Iscriversi a beta (es. programma SGE di Google) consente di avere insight in anteprima. Seguire fonti di settore, casi di studio e condividere esperienze con la comunità SEO è più prezioso che mai: non c’è una formula definitiva, ma una somma di accorgimenti. Ad esempio, alcuni SEO hanno coniato il termine GEO (Generative Experience Optimization) per indicare l’insieme di tecniche atte a ottimizzare la propria presenza nelle ricerche AI (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive). Anche se le sigle abbondano, il concetto chiave è adattarsi continuamente. Gli algoritmi AI impareranno anche dal comportamento degli utenti (es. se tutti ignorano l’overview, Google la modificherà), quindi è un panorama dinamico. Chi fa content marketing dovrà abbracciare il cambiamento, considerare l’AI non solo come “concorrente” ma anche come ulteriore canale distributivo (un po’ come social, email, ecc.) su cui ottimizzare e fare content se necessario.

Benefici e criticità per gli utenti finali con l’AI overview

Dal punto di vista dell’utente, l’introduzione delle AI Overview porta con sé sia vantaggi tangibili sia alcune criticità da tenere presenti:

Benefici:

  • Velocità e comodità: l’utente ottiene subito ciò che cerca, senza sforzo. Non deve aprire cinque schede diverse e setacciare paragrafi: l’AI lo fa per lui, sintetizzando il punto centrale. Questo rende la ricerca online più efficiente e fa risparmiare tempo, specialmente su interrogativi semplici o task ripetitivi (es. “converti 50 dollari in euro” – risposta immediata; “ricetta pancake soffici” – elenco ingredienti e step subito visibili). Per ricerche complesse, la possibilità di porre domande follow-up al motore AI crea un’esperienza più interattiva e personalizzata rispetto alla classica ricerca, permettendo all’utente di chiarire dubbi senza dover formulare ogni volta una nuova query da zero.
  • Sintesi di fonti multiple: idealmente, una risposta AI ben fatta condensa il meglio di più fonti. L’utente può avere una visione equilibrata di un argomento in un unico colpo d’occhio. Ad esempio, chiedendo “pro e contro auto elettriche”, l’AI overview potrebbe elencare 5 vantaggi e 5 svantaggi attingendo da articoli di esperti, forum e dati statistici – qualcosa che manualmente richiederebbe di leggere vari pezzi. Ciò può aiutare a prendere decisioni informate più velocemente, avendo già confrontato informazioni che altrimenti sarebbero sparse. Inoltre, le AI Overview spesso includono elementi visivi integrati (immagini, grafici) e link di approfondimento: l’esperienza utente diventa più ricca e completa sul motore di ricerca stesso.
  • Accessibilità e nuovi modi di ricerca: con il motore che “capisce” meglio il linguaggio naturale, anche persone meno esperte o con scarsa conoscenza di termini specifici riescono a ottenere risposte pertinenti. Si può letteralmente chiedere come se si parlasse a un esperto, ricevendo spiegazioni magari semplificate. Ciò abbassa la barriera all’accesso dell’informazione. In più, funzioni come la ricerca vocale conversazionale (grazie all’AI) permettono un uso più naturale e inclusivo del web (si pensi a chi ha disabilità visive, che può ricevere risposte vocali dirette dall’AI senza dover ascoltare la lettura di intere pagine web).

Criticità:

  • Possibile perdita di approfondimento e diversità: affidandosi al sunto dell’AI, l’utente potrebbe accontentarsi di una risposta superficiale e non esplorare mai i dettagli. Questo è un problema soprattutto per temi complessi o controversi: la risposta generativa, per quanto accurata, è pur sempre un filtro applicato all’informazione, spesso addomesticato per essere neutro. L’utente rischia di perdere la ricchezza di prospettive che otterrebbe leggendo più fonti in autonomia. Ad esempio, su questioni di attualità o di opinione, il digest dell’AI potrebbe non rendere la passione o la specificità delle argomentazioni presenti negli articoli originali. C’è dunque il pericolo di un’omologazione dell’informazione, dove tutti ricevono lo stesso riassunto invece di confrontarsi con voci diverse.
  • Trasparenza e fiducia nei contenuti: non sempre è chiaro da dove l’AI tragga le sue risposte. Google e Bing citano alcune fonti, ma spesso il testo è una rielaborazione che rende difficile capire l’origine di ogni affermazione. L’utente deve quindi fidarsi di ciò che viene presentato, col rischio che errori o bias presenti nel modello AI non siano immediatamente evidenti. Se la risposta contiene un’informazione errata (magari per uno svista dell’AI), l’utente potrebbe assimilarla senza verifica perché non ha cliccato la fonte. In pratica, il motore chiede di fidarsi della sua sintesi. Questo rappresenta un cambio di mindset: finora l’utente si fidava di siti riconoscibili (es. Wikipedia, il quotidiano X, il blog Y di cui conosce l’autore); ora deve fidarsi di un aggregatore algoritmico. Finché le AI commetteranno errori occasionali (hallucinations), serve cautela. I motori avvertono con disclaimer (“L’AI potrebbe non essere accurata al 100%”), ma non tutti gli utenti li notano.
  • Impatto sull’ecosistema informativo: se gli utenti smettono di visitare i siti originali, a lungo termine potrebbero ridursi gli incentivi a creare contenuti di qualità. Paradossalmente, l’utente finale potrebbe subire un danno indiretto: meno articoli approfonditi, meno ricerche originali disponibili, perché i produttori di contenuti non riescono più a sostenerli. È un problema sistemico, che l’utente singolo magari non percepisce nell’immediato, ma che potrebbe portare a meno contenuti gratuiti e magari più paywall. In altre parole, oggi l’utente gioisce per la risposta rapida dell’AI, ma domani potrebbe trovare meno informazione libera in circolazione se il modello economico non si aggiusta.
  • Privacy e personalizzazione eccessiva: con ricerche AI più conversazionali e integrate all’account (si pensi a Google che personalizza le risposte se loggati), c’è anche il tema dei dati personali. Ogni interazione in chat generativa fornisce potenzialmente al provider dettagli sulle nostre domande, preferenze, magari sul contesto se condividiamo informazioni. Questo può portare a risultati ancor più cuciti su di noi, ma anche solleva interrogativi sulla profilazione. Inoltre, un motore AI che risponde a tutto potrebbe indurre l’utente a condividere più informazioni private (es. “Ho un problema di salute X, cosa dovrei fare?”) come fosse un consulente – quando in realtà sono dati che passano da un servizio online. L’utente deve quindi essere consapevole dei limiti: l’AI non è (ancora) un professionista certificato, e per certi ambiti delicati (medicina, finanza) dovrebbe spingere a consultare fonti o esperti reali, cosa che invece la comodità della risposta immediata potrebbe far sottovalutare.

In sintesi, per gli utenti finali le AI Overview offrono un’esperienza di ricerca più ricca e immediata, ma è importante che sviluppino un sano spirito critico: usare le risposte AI come punto di partenza, non aver paura di cliccare sulle fonti per saperne di più quando conta, e essere consapevoli dei limiti (possibili errori e implicazioni sul panorama dei contenuti).

 

AI Overview e ricerca in sintesi

L’avvento delle AI Overview nei motori di ricerca segna un punto di svolta nell’evoluzione della ricerca online. Stiamo passando da un modello in cui gli utenti navigavano attraverso link e pagine web a un modello in cui l’informazione viene aggregata e consegnata “chiavi in mano” dagli algoritmi di intelligenza artificiale. Questo ha già iniziato a rimodellare il comportamento degli utenti – rendendo le ricerche più interattive ma anche più chiuse all’interno della SERP – e costringe chi crea contenuti e fa SEO a rivedere strategie decennali. I settori dell’e-commerce, dell’editoria e del blogging stanno sperimentando sfide inedite: cali di traffico, necessità di nuovi accordi e modelli di monetizzazione, maggiore enfasi sul valore aggiunto umano dei contenuti. Allo stesso tempo, si aprono opportunità per chi saprà anticipare i trend: dall’ottimizzare per gli algoritmi generativi, al trovare vie di collaborazione con le piattaforme AI, fino a innovare nel modo di presentare i contenuti (più multiformato, più focalizzati sull’esperienza).

In definitiva, l’introduzione dell’AI overview non sancisce la fine della SEO, ma la sua evoluzione. Come ogni trasformazione, porterà vincitori e vinti: chi resterà ancorato esclusivamente ai vecchi modelli potrebbe perdere terreno, chi abbraccerà il cambiamento potrà continuare a garantire visibilità ai propri contenuti in modi nuovi. Per gli utenti, il panorama che si delinea offre grandi vantaggi di accesso all’informazione, ma richiederà anche una maggiore alfabetizzazione digitale per comprendere come queste risposte vengono generate e per non rinunciare alla profondità quando serve. Dal punto di vista etico e di sostenibilità, molto dipenderà da come evolverà il rapporto tra le big tech e gli editori/creator: trovare un equilibrio tra innovazione e giusta ricompensa dei contenuti originali sarà fondamentale per mantenere un ecosistema internet vivo e diversificato.

L’era delle AI Overview è appena iniziata e sta già cambiando le regole del gioco. La SEO e il content marketing del futuro prossimo dovranno essere sempre più multidisciplinari, unendo competenze di tecnica, creatività e analisi AI. Chi saprà combinare questi ingredienti potrà continuare a emergere anche in un mondo di “motori di risposta”. Come dice un motto diffuso tra i professionisti: “La SEO non muore, si trasforma” – e nel 2025 quella trasformazione è in pieno corso, guidata dall’intelligenza artificiale nei motori di ricerca.

 

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Fonti: Le informazioni e i dati citati nel report provengono da ricerche e articoli specializzati recenti, tra cui Overdrive Interactive (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive) (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive), analisi di settore pubblicate su Search Engine Journal (Google SGE Organic Traffic Impact Divided By Verticals [Data Study]), osservazioni di esperti SEO italiani (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot) (AI Mode di Google: il motore di ricerca diventa un chatbot), oltre a studi dedicati sull’impatto della ricerca AI sul traffico web (I motori di ricerca basati sull’IA portano agli editori il 96% in meno di traffico rispetto a Google). Le strategie e considerazioni esposte rappresentano una sintesi delle migliori pratiche attuali emerse da blog di marketing, guide SEO avanzate (Come fare SEO con l’AI: 10 applicazioni avanzate per il 2025 | Brainpull) (Impact of AI on Search Discovery & Engagement | Overdrive Interactive) e casi studio documentati fino al 2025. Il contenuto include elaborazioni originali su queste basi, finalizzate a contestualizzare i trend globali al pubblico italiano e ai settori indicati, con l’obiettivo di offrire un quadro completo e aggiornato sul fenomeno.