Quando l’economia è florida l’ottimismo sostiene piani di sviluppo e investimenti. Al contrario, in periodi di recessione, la maggior parte delle imprese si affanna a tagliare costi e spese. In questa frenesia quelle che sembra più ovvio ridurre sono le spese di marketing e pubblicitarie, mentre un certo scetticismo sembra impossessarsi di imprenditori e dirigenti riguardo gli investimenti in comunicazione. Tendono a considerare queste spese più come una forma di assicurazione difensiva, che come fattore di generazione di profitto.

Il principio su cui si basano è la fissazione di un budget del marketing come percentuale del fatturato previsto, sicché quando questo crolla ritengono di avere più di una buona ragione per tagliare le spese ad esso collegate.

È un atteggiamento che mette in luce quanto sia poco logico stabilire le spese di marketing sulla base del fatturato previsto. È come mettere il carro davanti ai buoi: il marketing è la causa dell’andamento del fatturato, non l’effetto. Si fissi un budget di marketing più consistente e si potranno prevedere entrate più consistenti.

E’ senza dubbio necessario  intervenire sui costi e sugli sprechi, ma occorre farlo in modo oculato, considerando gli impatti strategici dei tagli.

Relativamente al marketing occorre esaminare le diverse aree geografiche in cui l’impresa è presente, la profittabilità dei diversi segmenti serviti, le varie politiche promozionali e di comunicazione in correlazione con le azioni dei concorrenti, le performance dei canali distributivi. Ogni impresa presenta promozioni, canali e segmenti di mercato e aree geografiche non produttivi o deboli. La recessione richiede un’opera di pulizia.

Qualsiasi provvedimento le imprese intraprendono dovrebbero, tuttavia, osservare due regole. Anzitutto è necessario non compromettere la proposta di valore per il cliente (customer value proposition) . I clienti acquistano dall’impresa nutrendo determinate aspettative sulle qualità  del prodotto e sul servizio. Non si diminuisca l’esperienza attesa.  In secondo luogo, non si faccia gravare arbitrariamente sui propri fornitori e rivenditori il peso dei costi senza prima averli consultati. Se si compromette la proposta di valore per i partner, essi inizieranno a stringere alleanze con i concorrenti o a scaricare la conflittualità del rapporto sulla qualità delle forniture.

Le imprese dovrebbero considerare l’ipotesi di ridurre temporaneamente prezzi anche se questo comprometterà ai loro margini. È meglio tenersi stretti di clienti che lasciarmi andare via e dare loro la possibilità di sperimentare i concorrenti. Dal momento che durante una fase di recessione clienti sono molto sensibili al prezzo, le agevolazioni sui prezzi sono giustificate.

Alcune imprese accorte, invece di ricorrere ai tagli, potrebbero mantenere inalterati o addirittura aumentare il loro budget volti a conquistare la quota di mercato dei concorrenti che, invece, scelgono di ridurli.  Se un’impresa dispone di risorse, potrebbe considerare la recessione un’opportunità per sviluppare il suo business a spese dei concorrenti. Secondo quanto diverse ricerche hanno dimostrato, le imprese che durante la recessione mantengono la loro spesa di marketing escono da questa fase più forti rispetto quelle che non hanno seguito la stessa politica.

Le imprese ancora più sagge creeranno una cultura consapevole dei costi non solo durante periodi di recessione ma sempre.

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